Se credete che la vostra vita sia perfetta, soddisfacente, felice;

se credete nell’amore, nella famiglia perfetta, nella serenità di
coppia;
se considerate il sesso un dovere;
se pensate che le vostre illusioni siano infrangibili,
ecco, IMITATIONOFDEATH  distruggerà tutto questo in poco più
di un’ora.
Lo spettacolo presentato al Romaeuropa Festival ha esordito nei
giorni tra il 13 e il 18 novembre al Piccolo Teatro Studio di Milano, destabilizzando
la consueta platea del teatro meneghino.
Una cupezza nell’aria, la sensazione che da un momento all’altro
potesse scoppiare una bomba. Degli zombie sui tacchi tornano in vita. Quasi una
nascita al contrario, per scoprire che forse la morte è più dolce della vita. A
volte. 
Una vita in cui ci si affanna a rincorrere aspirazioni e sentimenti,
sospiri che diventano pesanti e sempre più insopportabili. Corpi che cercano
una quiete che non trovano, che anelano a una stabilità, illudendosi di poterla raggiungere.
Sforzi sovrumani e corse sfrenate per raggiungere un paradiso in terra, un
paradiso che non esiste. Semplicemente perché non c’è un paradiso in terra,
figuriamoci altrove.  
Nello spettacolo spesso si muore e si risorge, come nella vita; ci
si trova nudi su un palco ad afferrare certezze e spasimi di piacere effimeri,
come nella vita. Ci si ferisce, in fronte e nell’anima: il contatto con gli
altri animali umani a volte è disastroso e violento. 
E la violenza sul palco
non manca, la crudezza raccapricciante dei rapporti coi propri simili, che come belve si
accoppiano, si sputano, s’insultano, si pestano, si odiano, si amano, si
lasciano, si uccidono. E tutto questo diventa pianto, disperazione, grido.
In un mondo fatto di Oscar e stereotipi mediatici, l’animale umano
compie la sua resurrezione dalla morte alla vita, e poi di nuovo dalla vita
alla morte; e poi ancora e ancora, in un turbinio catastrofico di sensazioni
contrastanti. La vita è breve, ma egli vuole provare tutto, vuole tutto, ma non riesce
a possedere niente: né uomini, né donne, né uomini e donne contemporaneamente,
né figli, né genitori, né beni materiali. A fine spettacolo proprio le
ossessioni di ognuno dei protagonisti, incarnate in oggetti adolescenziali,
vengono scaraventate con forza in ogni angolo. 
Un palco che non ha
angoli in verità, non ha confini: gli attori vengono fino a te, che te ne stai
bel bello seduto a cercare di capire, a sbatterti in faccia la loro verità. E ti
fissano dritto negli occhi, con enfasi, con uno sguardo che ti si conficca
addosso come un pugnale; e tu non fai più caso ai loro membri e alle loro
vagine all’aria, non ti accorgi del sudore che scorre sui loro muscoli, non
senti la puzza della sigaretta che aspirano avidamente. Ogni scena ti ricorda
la tua vita, ogni parola sei quasi certo di poterla ricollegare alla tua personale esperienza. Un padre lontano, una scopata fine a se stessa, un senso di rifiuto,
un amore perso, un amore mai nato. E il pugnale continua a colpirti. 
Le musiche
ti esplodono nella testa, il bombardamento inizia per davvero. Il momento di
massima desolazione: un ragazzo storpia In
assenza di te vestito da cigno, giungendo alle lacrime. La canta tutta,
fino alla fine, mentre gli altri piangono. Tutti i posti sono occupati nel Teatro
studio, ma ognuno in quel teatro è maledettamente solo. Si sperimenta il massimo
stadio della solitudine, quella in cui si sente il freddo nelle ossa.
Ma improvvisamente tutto ricomincia, tutto torna a girare, come il
valzer che gli attori ballano con un sorriso vuoto. Un valzer senza
fine, in cui si muore e si risorge continuamente.
Non ci sono attori su quel palco, ci sono uomini e donne comuni,
uguali a noi, con le loro storie e le loro illusioni. E ci si accorge che non
recitano solo quando a fine spettacolo arriva l’ambulanza, per medicare due di
loro feritisi durante l’azione. 
Ma cos’è qualche punto in confronto alla crudezza della vita? O della
morte, fa lo stesso.
Grazie a ricci/forte.
Grazie a Giuseppe Sartori, Pierre Lucat, Andrea Pizzalis, Fabio
Gomiero, Blanche Konrad, Piersten Leirom, Cinzia Brugnola, Michela Bruni,
Barbara Caridi, Chiara Casali, Ramona Genna, Liliana Laera, Mattia Mele, Silvia
Pietta, Claudia Salvatore, Simon Waldvogel.
Grazie al Piccolo di Milano.


Gaetano Moraca

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

*