Quando si verificano fatti di sangue come quello nella redazione di Chiarlie Hebdo e quelli successivi, lo sgomento e l’incredulità iniziali lasciano il posto alla rabbia e alla paura. La ragione comincia ad appannarsi e le reazioni solitamente più comuni sono due: o il buonismo da tastiera, che in questo caso si è manifestato in quanti hanno professato, a gran voce sui social,  di essere Charlie, o il razzismo più istintivo che è sfociato nella follia lepenniana che invoca il ritorno della pena di morte.

Nella concitazione di questi giorni, forse presi dal dolore o dalla necessità di un’immediata chiarezza, la semplificazione senza dubbio più becera è stata quella operata tra musulmani fondamentalisti e musulmani moderati. Come se tra questi due punti lontani tra loro non passasse nulla. E invece di rette che s’intersecano ne passano eccome: non si può non pensare ai tanti musulmani praticanti e a quelli non praticanti, ai religiosi e ai musulmani laici. Ci sono criminali musulmani, ma anche operatori per la pace musulmani. E pensate un po’, ci sono tanti atei, persone che dell’Islam e della religione non gliene importa niente. Come in ogni religione.


Insieme ai musulmani che in questi giorni hanno visto la loro religione attaccata dall’interno e hanno espresso la propria rabbia e presa di distanza attraverso l’hashtag #Notinmyname, c’è anche chi, proveniente da paesi a maggioranza musulmana, si professa non credente e non si sente in alcun modo né musulmano, né terrorista.

Nourhan è una ragazza di 21 anni all’ultimo anno della triennale di Mediazione Linguistica e Culturale della Statale di Milano. Il suo nome significa Aurora. Di origine egiziana, vive con la sua famiglia in Italia da quando aveva 2 mesi. È musulmana, credente e praticante. Per sfizio si è messa a studiare anche il Giapponese, guarda serie Tv rigorosamente in lingua originale, legge e sogna di trovare un lavoro che le permetta di girare il mondo. Prega cinque volte al giorno, digiuna durante il Ramadan e cerca di rispettare la Sunna il più possibile.
Hassan dall’Algeria è venuto a studiare Economia a Parma, vive con i suoi fratelli e sua sorella, ma i genitori sono rimasti nella loro terra. Anche lui forse ci tornerà, ma per adesso pensa a terminare la sua tesi magistrale. Aveva già studiato l’italiano alle superiori e si è sempre sentito affascinato dall’Italia. Non è credente, non prega e non cerca Dio. La sua famiglia ha sempre permesso a lui e ai suoi fratelli di scegliere cosa fosse meglio per loro. Fa sport, gli piace correre e ama i film di Fellini.
Nourhan credente, Hassan ateo. Entrambi provengono da paesi a maggioranza musulmana. Entrambi condannano fortemente gli atti terroristici dei giorni scorsi.

Nourhan però non ha mai apprezzato le vignette di Charlie dalle quali si è sentita spesso offesa nel suo credo. «Ci tengo a sottolineare che mi dissocio anche dalla campagna #JeSuisCharlie: il giornale Charlie Hebdo ha sempre insultato e denigrato la mia fede e mi sembra più che ovvio che io non approvi le sue vignette satiriche sul Profeta e su Allah» ci confessa. «Sono assolutamente convinta che la libertà di espressione e parola ci debbano essere, sono contro la censura immotivata e penso che ognuno abbia il diritto di pensare ciò che vuole a riguardo, ma sono anche convinta che la libertà di uno non debba limitare quella dell’altro e se trovo che delle vignette satiriche siano in particolar modo mirate a offendermi, ritengo di avere tutto il diritto di farlo sapere. Per questo non credo che il Charlie Hebdo rappresenti la libertà di espressione, perché per quanto mi riguarda, essere liberi di esprimersi è ben diverso dall’essere liberi di offendere».

Non si dissocia da niente invece Hassan. «Ho seguito con attenzione gli eventi, ma non mi sono sentito in dovere di dissociarmi da qualcosa. Io non faccio parte di alcun movimento religioso, ma siccome sono un emigrato proveniente da un paese a maggioranza musulmana tutti si aspettano da me che prenda le distanze dai terroristi solo in virtù del colore della mia pelle. Io prendo le distanze come essere pensante e con una coscienza, non perché algerino. Non ho colpa se un islamico interpreta nel suo modo folle le scritture. E non credo che nel 2011 quando quel fondamentalista cristiano ha ucciso tutte quelle persone in Norvegia, i cristiani di tutto il mondo si siano sentiti in dovere di scusarsi e di esplicitare la liceità della propria professione di fede. Inoltre ho sempre apprezzato le vignette del giornale francese e le considero necessarie per la difesa della laicità».

Per Nourhan non esiste terrorismo islamico: i terroristi sono solo folli senza scrupoli, non c’entrano niente con l’Islam e non attaccano solo l’occidente, i bianchi e i cristiani, ma soprattutto i musulmani veri, quelli che predicano pace e fratellanza. «Forse è tempo che capiamo che siamo tutti sulla stessa barca, siamo tutti vittime del terrorismo e abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri per combatterlo. Invece che “combattiamo l’Islam”, io vorrei leggere più spesso “combattiamo il terrorismo”. E vorrei far capire alla gente che tra i due concetti c’è tutta la differenza del mondo. Agli italiani che hanno ancora dubbi, chiedo di informarsi. Di andare a leggere. Di incuriosirsi e fare tutte le domande che vengono loro in mente. Di andare dai loro amici musulmani e chiedere loro cosa ne pensano e non prendere per verità assolute i messaggi che i media cercano di far passare».

Su questo è d’accordo anche Hassan. «Bisogna informarsi, studiare, conoscere, perché l’ignoranza è oscurantismo. Sono l’ignoranza, la superstizione, i miti, a portare guerre e terrorismo. Bisogna poter esprimere sempre la propria opinione, bisogna difendere sempre questo diritto. Nel rispetto di chi la pensa diversamente». 

E forse non è un caso che la prima parola del Corano sia “Leggi!”, un invito alla conoscenza e all’approfondimento di quello che è diverso da noi. Perché non deve spaventare per forza, sia un testo sacro o una vignetta.

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