In principio era Stavropol’-na-Volge, un’anonima cittadina russa sulle sponde del Volga. Fino al 28 agosto 1964, almeno, quando pochi giorni dopo la morte del segretario del Partito Comunista Italiano, venne battezzata Togliatti (Тольятти, in cirillico). Sì proprio col nome proprio, e non Togliattigrad come spesso si trova scritto in qualche libro. E non è chiaro se fu questo legame onomastico con l’Italia a far sì che nella cittadina sovietica sorgesse la più importante fabbrica sovietica di automobili targata Fiat.

Lo scrittore Claudio Giunta e la fotografa Giovanna Silva sono volati in Russia per vedere cosa resta oggi di quella città cresciuta all’ombra della Fiat. Ne è venuto fuori un elegante reportage pubblicato per i tipi della Humboldt Books, casa editrice specializzata in narrazioni ed esperienze di viaggio, dal titolo Togliatti. La fabbrica della Fiat.

E GLI ITALIANI INSEGNARONO AI RUSSI A COSTRUIRE LE AUTOMOBILI

Forti nell’industria pesante e nella produzione di cannoni, i sovietici erano molto indietro nella produzione e nella distribuzione delle automobili. Individuarono così nell’Italia il partner ideale, commissionando alla Fiat la costruzione di una fabbrica di auto nella cittadina a mille kilometri a sud-est di Mosca. Centinaia di operai italiani da Torino si trasferirono ogni anno a Togliatti per insegnare ai russi a costruire le macchine.

Giunta, pescando anche dalla sua storia familiare, racconta le storie minime degli italiani in Urss: del treno, pagato dall’azienda, che partiva da Torino Porta Nuova il sabato sera tardi e arrivava a Togliatti alle 18 di martedì; dei buoni che gli operai potevano spendere per comprarsi abiti pesanti adatti al clima sovietico; della penuria di cibo, specie frutta e verdura, in alcuni mesi dell’anno e dei bambini dai colori mediterranei che popolavano le strade di Togliatti negli anni successivi al trasferimento degli italiani. Numerose furono le relazioni miste, seppur osteggiate dal Governo sovietico, ma pochissimi gli italiani che scelsero Togliatti per mettere su famiglia, molte di più le russe che hanno lasciato la madrepatria, gettando la famiglia nel disonore.

Continua a leggere su Style Magazine – Corriere della Sera

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*