Ci sediamo intorno a un tavolo degli anni settanta, uno di fronte all’altro. Ci dividono un pacchetto di sigarette, un accendino e due sacchetti trasparenti con qualche pillola. “Queste sono per il colesterolo, queste per la pressione, queste per la ritenzione idrica. Poi c’è una cardioaspirina per il cuore e un Tavor che mi aiuta a dormire la notte”. Dentro è vietato fumare, mi avvisa. Lui di solito scende in strada ma solo fino alle nove di sera, dopo quell’ora non può mettere nemmeno il naso fuori dalla porta. “Stamattina sono andato da un mio amico che ha una lavanderia qui a Milano e gli ho portato qualcosa da lavare” mi dice quando gli domando come ha trascorso la giornata. “In cella me li lavo a mano nel lavandino, ma ci mettono una vita ad asciugare con l’umidità che c’è”. Riconosco un lieve accento del Sud, ma non saprei collocarlo con precisione. Il signor R. può uscire spesso perché ha parecchi permessi premio. “Sono stato nominato detenuto modello, per questo tre volte all’anno posso andare a trovare mia figlia in Puglia”. Quando invece esce per pochi giorni resta a Milano, va a salutare qualche amico, fa qualche piccolo acquisto, si concede un pasto in un’osteria fidata o la compagnia di una signorina. “Tu sei uomo come me e mi capisci”.
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