Lo stretto indispensabile

Una rana di ferro sputa acqua verso un airone che vorrebbe mangiarsela. L’uccello rinvigorito da quell’acqua benefica spiega le ali per librarsi in aria, anche perché nella zampa destra stringe già la sua cena. Le gocce di pioggia rimbalzano su questa fontanella scolpita nel 1925 da Raffaello Romanelli. La rana rappresenta l’area paludosa e malsana che c’era da queste parti, nei dintorni di Montecatini, prima del poderoso intervento di bonifica del Granduca di Toscana Pietro Leopoldo. L’airone, vigoroso e pieno di salute, simboleggia invece i benefici delle acque termali che sgorgano abbondanti dal sottosuolo di questa cittadina.

“Vieni, spostiamoci sotto al porticato” mi suggerisce Massimo per risparmiarci la pioggia che scende lieve ma insistente sulle Terme Tettuccio, uno dei nove stabilimenti termali di Montecatini. L’atmosfera è sospesa e immobile, come se una macchina del tempo ci avesse trasportato in un’epoca impossibile da definire. Dal giardino avanziamo verso una specie di tempio romano, con l’emiciclo che racchiude la maestosa fontana dei coccodrilli. In una vasca circolare si riversa l’acqua dalla bocca di un leone. Da qui parte un lungo e sontuoso colonnato, impreziosito nel lungo soffitto a volta da affreschi e da un lucernario dai vetri colorati. “Questi marmi su cui stai camminando sono stati calpestati da alcuni dei personaggi più famosi della storia” dice Massimo, volto abbronzato, capelli canuti e l’aria di chi è perfettamente a suo agio in questo tripudio di neoclassico e liberty. Come se si sentisse a casa.

“Si chiama Tettuccio perché qui nel 1300 c’era solo una misera tettoia di legno che copriva la sorgente dell’acqua termale”. Gli abitanti di questo angolo di Toscana erano già al corrente, secoli fa, delle proprietà curative di queste acque e il rinvenimento di statuette di epoca romana sposterebbe ancora più indietro l’apprezzamento. “Ci sono quattro sorgenti che si originano da una falda profonda 80 metri e che nella risalita si arricchiscono di sali minerali. L’acqua Tettuccio è utile per la depurazione del fegato e i problemi di digestione, l’acqua Rinfresco per favorire la diuresi; poi c’è l’acqua Regina che agisce sul ripristino del flusso biliare, e infine la Leopoldina, in onore del Granduca, un’acqua considerata forte e preziosa per i disturbi gastrointestinali. Peccato che ormai lo sappiano in pochi”.

I vicini della casa in cui sono nato e cresciuto, in Calabria, andavano tutti gli anni in villeggiatura a Montecatini al principio dell’estate. Quando tornavano, abbronzati e rilassati, li guardavo con ammirazione come se fossero stati in un posto lontano ed esotico. Qualche anno dopo, l’amministrazione comunale del paese in cui sono nato e cresciuto ha preso a organizzare dei pullman per i vecchi del Comune che grazie alle acque delle Terme di Caronte, a un’ora di strada, speravano di curare gli acciacchi dell’età. Ricordo alcune foto dei i miei nonni seduti come scolaretti nel pullman dai sedili bordeaux, loro che nemmeno avevano la patente e che di viaggi ne avevano fatti pochissimi. Quando chiedevo a mio nonno in cosa consistesse questa trasferta che mi sembrava altrettanto affascinante e misteriosa, lui sintetizzava “Un’ora di curve per farci l’aerosol”. Sono cresciuto così con l’idea che le cure termali fossero una specie di supplizio inalatorio riservato agli anziani.

“C’è stato un periodo, tra gli anni Ottanta e Novanta” prosegue Massimo, “in cui tutte le persone di una certa età andavano alle terme perché lo Stato italiano non solo passava le cure termali, ma ti pagava anche l’albergo per tutta la durata del soggiorno. E considerando che la nostra cura idropinica dura almeno dodici giorni, puoi capire che enorme quantità di gente arrivava qui”. Intorno a noi la pioggia continua a cadere lenta, sui marmi di Carrara, sul travertino di Monsummano e sulla facciata imponente su cui è scolpito il verso petrarchesco “MA ’L SVON CHE DI DOLCEZZA I SENSI LEGA”. Non è un caso che la U sia scritta come una V, perché la ristrutturazione e l’ampliamento della struttura risalgono proprio al ventennio. La fama delle acque di Montecatini, però, era già al suo apice a cavallo tra Otto e Novecento, tanto che si abbeveravano alle sue fonti personaggi del calibro di Mascagni, Puccini, Verdi (con moglie e amante al seguito) e del Re Vittorio Emanuele II con la regina consorte. Negli anni Sessanta, conclusi i lavori parlamentari, gli onorevoli rappresentanti del popolo italiano lasciavano Montecitorio e si trasferivano a Montecatini. La cittadina toscana, grazie alle sue acque, è stata per quasi un secolo il salotto buono d’Italia, con i suoi viali alberati, i fanghi e le piscine, gli spettacoli musicali e teatrali, le città d’arte a un tiro di schioppo.

Passiamo accanto a dei banconi di marmo detti della Mescita, dove nei tempi d’oro, graziose signorine riempivano i bicchieri dei villeggianti seguendo scrupolosamente le prescrizioni del medico termalista. “Per il lavoro di mescitrice veniva data priorità alle ragazze non ancora sposate perché potessero liberamente dare confidenza a così tanti uomini” mi ragguaglia Massimo. “Ma quindi la cura consiste nel bere l’acqua?” chiedo io sviato da rimembranze inalatorie. “Esattamente, cura idropinica, dal greco πίνω, «bere». E funziona così ancora oggi. Si viene al mattino a stomaco vuoto e si comincia a bere l’acqua nelle dosi e nella tipologia che il medico ha ritenuto necessarie. Tra un bicchiere e l’altro si può passeggiare nel parco, leggere un libro, chiacchierare con gli altri ospiti, fare shopping nella galleria dei negozi, ma in realtà, soprattutto chi beve la Leopoldina, non può allontanarsi troppo dai bagni perché nell’arco di dieci minuti fa già effetto”. “È molto diuretica, quindi?” domando io ingenuamente. “Non solo”, ride Massimo. “Lì in fondo ci sono i bagni, oltre 500 gabinetti uno dietro l’altro: immagina quanti ingressi facevano queste terme”. Ma io riesco solo a immaginarmi Verdi, il Re d’Italia e i miei vicini di casa con la fronte sudata, le mani sulla pancia, alla ricerca forsennata del primo bagno libero.

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