Imperversa la battaglia tra carta e digitale, ma il vero problema è che si legge sempre meno. Grazie a nuove contaminazioni tra carta e digitale il mercato può riprendersi, come dimostra l’ottima salute di cui godono i libri usati e le librerie indipendenti.
Uno scorcio della libreria indipendente “Gogol & Company”, Milano

Poche settimane fa circolavano numerosi articoli, seguiti da una festante raffica di condivisioni sui social, che decretavano la rinascita dei libri di carta e il declino inarrestabile dei libri in formato digitale. Tutto il polverone mediatico che ha messo al rogo i libri digitali (prima o poi sarebbe dovuto toccare anche a loro), si è sollevato dall’annuncio di James Daunt, l’amministratore delegato di Waterstones (la più grande catena di librerie del Regno Unito) che ha dichiarato alla rivista The Bookseller: “Le vendite dei Kindle continuano a essere pietose, quindi li stiamo togliendo dagli spazi espositivi nei negozi”, sostituendoli con libri cartacei. Stessa cosa è successa nelle librerie Blackwell, altra importante catena anglosassone. Ma se i feticisti della carta credono di poter cantare vittoria per questo, stanno commettendo un errore di metodo: vendere meno e-reader non vuole dire vendere meno e-book (è ancora lunga anche la battaglia terminologica). I possessori di e-reader non lo cambiano ogni volta che acquistano un libro digitale; senza contare che la fruizione di questi passa anche per i tablet, gli smatphone e i PC.

Negli Usa qualcosa però sta succedendo davvero: le vendite degli e-book sono calate del 10% rispetto all’anno prima, come segnala il rapporto 2015 dell’Association of American Publishers. È lecito credere che anche l’Italia seguirà questo trend fra qualche anno (considerando il ritardo dell’introduzione degli e-book rispetto al mondo anglosassone e americano). Di contro però i libri digitali nel nostro Paese godono di discreta salute.

Nel rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2015, pubblicato dall’Associazione Italiana Editori, notiamo che la produzione di titoli e-book è cresciuta con un +26,7% e diminuita invece quella di carta. Ciò non toglie che i lettori-acquirenti di libri di carta restino la stragrande maggioranza (il 91% circa dei lettori italiani, contro l’8,7% che preferisce e-book). Il 69% degli italiani dichiara di leggere solo libri di carta e un 1% solo e-book (i restanti voglio essere liberi di scegliere). E anche i millennials, ovvero i nativi digitali, preferiscono leggere su carta, come svela il libro “Parole sullo schermo: il destino della lettura in un mondo digitale” di Naomi S. Baron, linguista alla American University.
Quanti intorno al 2010 decretavano la morte del libro di carta e davano per certe le previsioni secondo cui nel 2015 sarebbero circolati solo e-book, avranno ora l’amaro in bocca: i libri di carta continuano a vendere e a essere scelti da più persone, nel mondo e in Italia. Ma ha poco senso portare avanti questa sterile battaglia tra la carta e il digitale, specie nell’anno delle celebrazioni per il 500° anniversario di Aldo Manuzio, l’editore e tipografo orgoglio nazionale, che scriveva: “Se si maneggiassero più libri che armi, non si vedrebbero stragi, delitti e tante brutture”.
E allora forse è il caso di soffermarci sul vero dato che importa: quanto leggono gli italiani? La penetrazione della lettura di libri in Italia è pari al 41,4%. Calano i lettori deboli (-6,8% nel 2014) e quelli forti (-0,4% quelli che leggono un libro al mese). La popolazione femminile continua a leggere di più (48% vs. 34,5%) ma meno che nel passato. Ma sono i giovani a leggere sempre meno, specie quelli in età scolare. Riassumendo: in Italia nell’ultimo anno si sono prodotti meno libri e se ne sono acquistati e letti ancora meno.
Ma per fortuna iniziative lodevoli non mancano di rischiarare queste tenebre. Come l’equiparazione dell’IVA al 4% tra e-book e libri di carta, che ha permesso una crescita del 50% tra 2013 e 2015. Ci fa ben sperare anche l’impennata delle librerie dell’usato e delle librerie indipendenti che, nell’era di Amazon stanno dignitosamente a galla. L’usato è tornato di moda, oltre oceano come in Italia, resistendo benissimo all’impatto col digitale. Anzi col colosso di Seattle le catene dell’usato ci stringono accordi, allargando esponenzialmente il loro bacino d’utenza.
Stando al rapporto Nielsen-Aie 2015, ci sono dati positivi anche per le librerie indipendenti (quelle che non fanno capo a catene o grandi gruppi e che in Italia sono più di duemila): hanno venduto più copie (+2,3%) ed è cresciuto il valore dei libri venduti (+1,9%). All’opposto le catene (Feltrinelli, Mondadori, Giunti, ecc.) hanno registrato un calo sia di copie (-3,7%) sia di valore (-3,9). Anche le librerie indipendenti hanno ceduto alle fascinazioni degli e-book, aderendo per esempio, al progetto di “accelerazione digitale” INDIeBook, che permette loro di proporre ai clienti affezionati (alla carta) l’ingresso nel mondo dell’editoria digitale, puntando proprio sul legame che intercorre tra il lettore e il suo libraio di fiducia. Solo la collaborazione tra carta e digitale potrà salvare il mercato librario dal baratro.
[Articolo pubblicato nel numero #66 di marzo della rivista WU magazine]

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