Giulia Muscatelli della parola ha fatto la sua ragione di vita. Scrive sceneggiature per la pubblicità, insegna scrittura creative nelle scuole, collabora con diverse riviste con articoli di approfondimento e di recente ha curato una raccolta di racconti per AutoriRiuniti. A dirla tutta sono stati i responsabili della casa editrice a chiederle di occuparsi di un libro scritto solo da donne per colmare un vuoto presente nel loro catalogo. Muscatelli, per andare oltre la mera selezione basata sul sesso, ha raggruppato quattordici autrici e ha chiesto loro di individuare una parola o un’espressione da cui, nel corso della vita, sono rimaste in qualche modo segnate e di provare a liberarsene scrivendoci attorno un racconto. Da questa idea è nato Brave con lingua, e delle tematiche da cui ha preso vita parliamo con la curatrice.

A una presentazione del vostro libro un organizzatore, con un misto d’ironia e di pudore, ha fatto seguire la parola “italiana” al titolo Brave con la lingua. Lì per lì ho provato un po’ di tenerezza ma poi ho pensato: è ancora considerato sconveniente parlare in pubblico di donne che fanno sesso?

Sì, è ancora così. Questo titolo è evidentemente provocatorio e ironico, l’ho voluto fortemente. Convincere tutte e quattordici le autrici non è stato semplice ma alla fine hanno capito l’intento e mi hanno appoggiata. Scelta che è costata a me e ad alcune di loro attacchi personali sui social che però ci sono serviti a dimostrare che non è concepibile che una donna faccia battute allusive. Penso a Girls di Lena Dunham che con l’ironia è riuscita a raccontare nel modo più vero le ragazze di oggi come forse nessun altro aveva mai fatto. Il personaggio di Lena è sgradevole dalla prima puntata ma incredibilmente vero. Per le donne è difficile non solo parlare di sesso ma di tutto ciò che ha a che fare col proprio corpo.

Questo perché?

Perché per secoli non ci è stata data la possibilità di dire la verità riguardo alla nostra sessualità e ancora oggi è così. Perché se io commento con i miei colleghi il fisico di un ragazzo o faccio riferimento a chi mi porto a letto mi guardano con disappunto o m’invitano a essere più contenuta, se lo fa un maschio no. Ma io non colpevolizzo i maschi di questo. È anche una nostra responsabilità perché non possiamo pretendere che un uomo, che non può saperlo, arrivi a capire come noi viviamo il sesso. Dobbiamo imparare a essere sincere, a integrare un linguaggio che possa permetterci di trattare questi temi, rompere la barriera del pudore e dire quello che vogliamo dire, posto che qualcuna non voglia parlare della propria sessualità e va benissimo così. Brave con la lingua, nella scelta del titolo, vuole andare nella direzione di porre attenzione sulle parole. Che poi c’è anche un sottotitolo che esplicita questo intento ma nessuno lo legge mai, nonostante per scriverlo ci abbia messo più di tutta la prefazione.

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