Di natura virtù

Si deve all’isolamento delle aree interne della Gallura, nonché alla tenacia e alla costanza di molti abitanti di questa zona nel nord della Sardegna, se ancora oggi possiamo ammirare manufatti tessili realizzati secondo tradizioni che hanno più di cento anni. I sardi da sempre hanno saputo al meglio intessere un proficuo rapporto con questa terra generosa e se pensiamo che ancora oggi poco più di un milione e mezzo di abitanti divide l’isola con quasi tre milioni di pecore che forniscono lana, non ci viene difficile immaginare quanto l’arte della tessitura abbia permeato la vita di questa regione. Ordire una trama, sbrogliare una matassa, tessere una tela fanno parte del lessico della vita. Le Moire e le Parche tendevano e recidevano il filo sui cui corre il destino degli uomini. Ordivano Penelope, Arianna e Aracne per districarsi dagli affanni dell’esistenza. Ogni fase della tessitura ripercorre le tappe dell’esistenza e forse anche per questo è un’attività preminentemente femminile. E se Goethe è certo che ogni bravo filosofo debba pensare come una tessitrice, l’artista sarda Maria Lai (scomparsa nel 2013) realizza la prima opera di Arte relazione al mondo, legando con ventisette chilometri di nastri di stoffa celeste gli abitanti di Ulassai, suo paese natale, alle porte delle case e a ogni strada del borgo. Legarsi alla montagna è l’esemplificativo titolo di questa straordinaria operazione.

Nell’area gallurese, come dimostra il ritrovamento di una grande quantità di fusi, fusaiole e pesi da telaio, l’arte tessile è attestata sin dall’epoca preistorica. Fino alla seconda metà dell’Ottocento ogni famiglia possedeva almeno un telaio. Aggius, nel cuore della Gallura, è uno dei centri dove ancora oggi si tramanda l’arte della tessitura coi telai manuali, orizzontali, larghi in media 120 cm da cui si ottengono strisce di tessuto alte circa 60 cm. “Abbiamo le montagne di granito e ci abbiamo costruito le case, abbiamo la lana delle pecore e da sempre la lavoriamo” dice Gabriella Lutzu, china da quarant’anni sul telaio nel suo Laboratorio tessile L’Albero Padre, uno dei pochi attivi della zona. La lana delle pecore sarde non è pregiata. Si presenta ispida, ruvida e i suoi fili hanno differenti diametri e lunghezza. Questo lo si può ascrivere alla vita dura e allo scarso sostentamento di queste bestie che si sono adattate così alla sopravvivenza. Le donne galluresi (ma anche di tutta la Sardegna e di altre regioni del centro-sud dell’Italia) tramite la tessitura provvedevano alle necessità della famiglia. La resistenza di quei filati era ideale per le coperte con cui affrontare il freddo degli inverni, le bisacce con cui trasportare il cibo nei campi e le mantelle con cui i pastori si riparavano dalla pioggia. E poi tappeti e arazzi quando la famiglia poteva permettersi di abbellire le abitazioni, nella maggior parte dei casi modeste. Per tovaglie, asciugamani, lenzuola e indumenti intimi si è sempre preferito il lino, tessuto più delicato e pregiato, almeno fino a quando (anni Cinquanta) ci sono stati uomini disposti a procurare la materia prima. Rispetto alla lana infatti la lavorazione della pianta del lino è assai lunga e faticosa, e il cotone non vegeta bene nel clima sardo. Così Aggius si è fatta roccaforte della tessitura della lana e i tappeti aggesi sono sopravvissuti al boom economico del dopo guerra e arrivati fino a noi. I manufatti di questa zona si differenziano per colori e disegni dalle altre produzioni isolane. I motivi geometrici, detti all’antiga, si ripetono su fasce parallele. Si alternano quadrati o rombi (punghi) di diverso colore e sui bordi è possibile trovare anche motivi floreali. Oltre al nero, bianco e grigio, i colori più diffusi sono tutte le tonalità di rosso e giallo, e poi il verde, il giallo, l’arancione, il marrone e il granato.

Dall’unica filanda ancora attiva in Sardegna Gabriella acquista la lana che, dopo molti esperimenti, è riuscita a colorare con tinture vegetali recuperando ricette tramandate oralmente. In suo soccorso sono venuti i pigmenti colorati di bacche, licheni e piante selvatiche, come l’edera. Proveniente da una famiglia di tessitrici, tiene laboratori didattici per tramandare la sua maestria artigiana. Nelle stanze del Meoc di Aggius, il museo etnografico più grande della Sardegna, dove risuona il canto corale tipico che aveva rapito anche D’Annunzio, è possibile visitare – insieme a una ricostruzione fedele di una casa tradizionale – la Mostra Permanente del Tappeto Aggese e ammirare la bravura delle tessitrici al lavoro.


Un battito e poi il successivo è un progetto fotografico di Mario Saragato (da cui sono tratte le foto in alto), pubblicato nel 2013 da Phileas edizioni in cento copie. Saragato è nato in Sardegna e sostiene che con molta probabilità ci morirà. Gli scatti ritraggono tessitrici di ogni età intente a tessere su telai manuali, in una ritmica operazione che è molto facile assimilare ai battiti del cuore, e quindi alla vita stessa. Nel prodotto finito, manufatto o fotografia, si coagula l’energia che crea e rigenera.

[Articolo apparso sul numero tre della rivista Delphina Journal]
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